Soft-Revolution: Pierpaolo Piccioli (Valentino Couture) e la sua filosofia “body-conscious”

Come tutte voi anch'io seguo le sfilate della settimana della moda con particolare attenzione all’ haute couture. Sono interessata a vedere quali sono le tendenze del momento, in particolare con riferimento ai colori e alle forme, ma questa mia attenta curiosità non condiziona il mio giudizio, perché la chiave di lettura di tutte queste tendenze, la lente attraverso la quale guardo il mondo è pur sempre la mia opinione ed il mio senso critico.

Spesso queste passerelle ci hanno abituato a spettacoli teatrali molto al di sopra delle righe; il desiderio vivo di far parlare di sé va sovente ben al di là della semplice creatività. Questo mi porta a guardare con occhi disincantati i video di streaming delle sfilate o i reportage fotografici. Qualche volta invece vengo piacevolmente sorpresa.

Ho apprezzato, infatti, particolarmente la campagna di Pierpaolo Piccioli per Valentino all'insegna del body conscious dietro la collezione couture di quest'anno, che ha fatto molto discutere ed è stata piuttosto divisiva. Creare i capi partendo da corpi di diverse proporzioni, taglie ed età è una rivoluzione positiva che porta ad un canone di bellezza molto vicino all’autenticità.

Valentino fa parte di quei brand storici che hanno conquistato il pubblico internazionale perché hanno sempre rappresentato il sogno, la tradizione, la bellezza eterea, ideale. Era la bellezza delle top model Naomi, Linda, Claudia, di donne appunto oggettivamente e indiscutibilmente bellissime. Come ha giustamente commentato Mariella Milani in un suo recente e illuminante videopost sui social, Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, in qualche modo sta scardinando questa logica e sta sdoganando un tipo di bellezza che sicuramente fa sognare di meno, ma che corrisponde alla maggior parte delle donne che circola per la strada.

Oggi non si può sostenere che esista una soggettività della bellezza, in realtà la bellezza è oggettiva per tanti versi, ma esiste anche una forma di bellezza soggettiva che corrisponde alle attese, alle aspettative e ai desideri che ognuno ha dentro di sé. È importante rimanere in contatto con queste aspettative e con questi pensieri soggettivi, perché sono la fonte della nostra opinione personale che, in questo mondo pieno di stimoli e di contraddizioni, deve continuare ad essere un indirizzo o meglio una direzione da seguire. Mi spiego meglio.

Linda Evangelista, Naomi Campbell, Claudia Schiffer sono state donne oggettivamente bellissime, quindi, è vero che hanno creato problemi in tante ragazze che non avevano quei requisiti fisici, ma in quegli anni la bellezza faceva sognare, doveva essere un'immagine stereotipata lontana, straordinariamente glamour. Era un'immagine che intercettava i desideri segreti o manifesti di una società.

Oggi la società è estremamente diversa, più diversificata, stratificata. Con questo non voglio dire che non si possa più parlare di bellezza oggettiva, al contrario si è aggiunta una nuova visione e una nuova coscienza sociale della bellezza, perché le donne che hanno dei chili in più, che hanno delle imperfezioni, le donne della strada non si riconoscono e non si vogliono più riconoscere in quei modelli. Possiamo, quindi, dire che la società esprime oggi desideri questa volta decisamente più manifesti, completamente differenti e contrapposti a quelli precedenti.

Questa nuova generazione di stilisti, di cui Pierpaolo Piccioli fa parte, ha intercettato questo cambiamento sociale e sta cambiando le regole della direzione creativa dei grandi brand e, quindi, degli esempi luminosi con i quali molti si confrontano. È difficile ovviamente cambiare rotta, ciò nonostante stanno facendo bene, perché stanno avvicinando le donne di tutte le età e di tutte le taglie, di tutte le proporzioni e misure, deluse da un certo tipo di moda in un certo senso aliena.

La comunicazione che si fa nei confronti di questi brand, tuttavia, stenta a riconoscere il valore di questo cambiamento, tanto è vero che ci sono state grosse critiche e poche condivisioni. Questo non è un aspetto di poco conto. La comunicazione è l'anima del commercio, ciò che i grandi media comunicano si ripercuote su milioni di persone, ciò che i testimonial indossano ancora influenza tanta gente. Tutte noi conosciamo l’esilarante scena del film Il Diavolo Veste Prada, in cui Miranda (Meryl Streep) asfalta, per così dire, Andrea (Anne Hathaway​) in un magistrale monologo, parlando del ruolo chiave della comunicazione nel dare spazio a “questa roba!”, ossia alle scelte stilistiche dei vari creativi.

È quindi difficile riuscire a trovare autenticità nella comunicazione. Al contrario spesso la comunicazione esprime qualcosa di non autentico, perché è dettata semplicemente dagli investimenti pubblicitari. Io non mi fiderei tanto di un testimonial, pagato per indossare, fotografare e parlare di questo o quel capo, quanto piuttosto del rapporto qualità/prezzo e, quindi, della intrinseca qualità di quello che vuoi comprare. Soprattutto non crederei alle tendenze e non mi metterei una cosa addosso solo perché è firmata. L’invito, quindi, è quello di seguire la vostra opinione personale, i vostri desideri le vostre aspettative su voi stesse, e in poche parole ciò che realmente vi piace e non ciò che è alla moda.

 

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